Poema drammatico di Gerhart Hauptmann, pubblicato nel 1896.
Enrico, famoso fonditore di campane, ha fatto trasportare la sua campana
più bella in una chiesetta in cima a un monte, ma alcuni folletti, nemici
del cristianesimo, l'hanno fatta precipitare nel lago sottostante. Il fonditore,
ferito, viene prima raccolto da una vecchia e poi curato da una ninfa
bellissima. Fiorisce così un idillio amoroso che trattiene Enrico lontano
dal suo paese; solo la morte della madre lo riporta nella sua valle ma è
una sosta di breve durata, perché il richiamo della bella ninfa non tarda
a farsi sentire. Tornato sul monte, Enrico deve sottostare a un ricatto della
vecchia che lo obbliga a bere tre bicchieri di una bevanda mortale prima di
rivedere l'amata. Il fonditore accetta e scambia un oscuro e arido avvenire con
un ultimo bacio di amore e di morte. Il dramma evade dai temi e dall'atmosfera
cari ad Hauptmann, maestro del naturalismo, e si inserisce nel filone
neoromantico, pieno di lirismo e di incantato stupore. Il contrasto, caro
all'Hauptmann, tra la pietà per le sofferenze umane e la conquista della
propria felicità, si conclude qui con l'affermazione pagana della solare
gioia di vivere.